In viaggio da me

 

Sono sempre stata alla ricerca di un Dio, un ideale.
Esistono nelle nostre menti, nelle nostre superstizioni così tante divinità…
Io prendo solo quello che mi piace, che mi affascina, che mi serve, senza sentirmi sbagliata.
Ma a volte, il filo della depressione tende la sua corda per ristorarsi con la mia linfa vitale e allora mi sento come un bicchiere mezzo vuoto, non adeguata, non bella, non paragonabile alla bravura degli altri.
L’unico modo per non farmi raggiungere dalla sua ombra è camminare, un piede di fronte all’altro, più che posso, raggiungendo i posti nella maniera più difficile, in salita, quella che fa sudare, che fa vibrare i muscoli delle gambe; quella sensazione di esplosione nel torace imminente.
L’obiettivo è mettere una distanza tra me e quel laccio emostatico, riversandomi nell’Amore.
Quell’Amore non fa parte di un insieme prestabilito.
Non è ideologico, non è divino, non è mitologico, non è esoterico, non è stato scritto e tradotto per creare individui con gli occhi velati da promesse paradisiache, da sensi di colpa e riscatti dell’anima.
Nel mezzo di campi di riso e fiori di loto ci sono templi, mura frastagliate di spauracchi per i demoni; e nei templi, statue di pietra con gemme incastonate riflettenti la luce del sole che sorge instancabile ogni giorno, che la guerra ha scalfito ma non sottratto. I templi sono circondati da una cultura stravolta di cemento e grattacieli anonimi, grigi, zeppi in ogni modo di tutto quello che serve per soddisfare bisogni, che forse neanche ti sarebbero mai venuti in mente. Fuori da questi templi ne esistono altri, con ben altri dei pronti a produrre per un ciclo infinito, per salvarci dai morsi della fame, pronti a confortare la mancanza di amore e alleviare la solitudine.
Un giorno preciso, in un’ora, un minuto e un secondo forse già fissati, ci ritroveremo a riguardare tutta la nostra vita come un “film”, così dicono…ma io preferisco pensare a quel momento come alla fine della ricerca.
Un giorno preciso arriveremo a chiederci se quel film ci sarà piaciuto, se l’attore avrebbe potuto interpretare meglio la sua parte, se esiste la fortuna, se non abbiamo sprecato tempo davanti a miriadi di schermi e specchi, se questo era ciò che eravamo destinati a fare.
Da piccola credevo guardando quelle nuvole tanto bianche da sembrare cotone per struccarsi, che lì sopra ci stessero tutti i popoli e le persone che ci hanno lasciati nel piano di sotto, tutti lì appiccicati tra loro, e fossero tutti felici perché non c’era niente e non c’era bisogno di niente: niente più menate, niente più lavoro, niente più ferie, soldi, salute, cibo…
Niente.
E tutti felici.
È così, me lo sento.