Civilleri | Lo Sicco

Civilleri Lo Sicco, compagnia teatrale

Audio lettura di Sabino Civilleri

 

 

Performance finale di Manuela Lo Sicco
Performance finale di Manuela Lo Sicco



GETTARE UNA FUNE

Prego

Prego per la semplicità

E la balbuzie

Prego per la stupidità

che ci accompagni verso lo stupore

Amen

La maldestra necessità dell’uomo di essere così ingombrante.

Perché non riesce a farsi timido, finito?

A considerare la sua bellezza come qualcosa che non gli appartiene?

A considerarsi pausa e silenzio.

Respirare, deglutire come qualsiasi creatura.

Cosa insegna Natura?

Forse che tutto continua oltre Te

che i corpi sono cibo per altri corpi

che gli argini si sgretolano malgrado i recinti

che il bianco si sporca

che il sacro viene profanato dallo scorrere del tempo per ricreare altri Templi,

per altri Dei, per un Dio che non era il tuo Dio.

Che

Diciamocelo

Non aveva alcun valore

Se

Egoistico

Presente

Civilleri Lo Sicco

 

Performance finale di Sabino Civilleri

 

Performance finale di Sabino Civilleri
Performance finale di Sabino Civilleri

Testi all’arrivo: ogni artista, sollecitato/a dal testo Sfidare la fede, di Emmanuele Curti, ha contribuito con una raccolta di riflessioni, proprie e/o di altri autori, prima dell’arrivo in residenza.

FAVOLA BREVE

In fila indiana.

Pietre come monete appesantiscono le tasche.

Il Folle le usa per segnare il sentiero

e aver fede finché ricorderà la strada di casa.

L’occhio lunare che sempre osserva illumina il cammino. E sorride.

Il Folle si guarda indietro

e abbandonato il passo

vola

in caduta.

Citazione

(da “Sul candore della Luna” di Galileo Galilei)

“Quanto poi all’operazione dell’etere ambiente, circa il candire la Luna non veggo che in modo alcuno possa satisfare a quello che al senso ci apparisce: imperoché tutto il campo tenebroso della Luna è egualmente candito, e non intorno alla circonferenzia solamente, dove solo per breve spazio si dovrebbe distendere il lume che dallo etere ambiente le perviene; in quel modo che il reflesso della parte dell’aria vaporosa solamente tal parte dell’emisferio terrestre illustra, qual parte è il tempo della durazione del crepuscolo del tempo della lunghezza di tutta la notte: che se l’illuminazione del crepuscolo potesse diffondersi sopra tutto l’emisferio terrestre, non averemmo mai notte profonda, ma un’aurora o un crepuscolo perpetuo; ed avvengaché secondo che in maggiore altezza si sublimasse l’orbe vaporoso intorno al globo terrestre, tanto più diuturno si farebbe il crepuscolo, in immensa altezza converrebbe che si elevassero i vapori per illuminare l’intero emisferio” 

(da “Van Gogh il suicidato della società” Antonin Artaud)

“IV

Van Gogh non è morto per uno stato di delirio proprio ma perché è stato corporalmente il campo di un problema attorno al quale fin dalle origini si dibatte lo spirito iniquo di questa umanità,

quello del predominio della carne sullo spirito o del corpo sulla carne, o dello spirito sul corpo. E dov’è in questo delirio il posto dell’io?

Van Gogh cercò il suo per tutta la vita con energia e con una determinazione strana, e non si è suicidato in un impeto di pazzia, nel panico di non farcela, ma invece ce l’aveva appena fatta e aveva saputo chi era quando la coscienza generale della società per punirlo di essersi strappato ad essa lo suicidò.

e come fece?

S’ Introdusse nel suo corpo in occasione di un’orgia o di una messa, cancellò in lui la coscienza soprannaturale che egli

aveva appena assunto

e, come un’introduzione di corvi neri nelle fibre del suo albero interno, lo sommerse con un ultimo sobbalzo,

e, prendendo il suo posto, lo uccise.

Perché la logica anatomica dell’uomo moderno è proprio di non aver mai pensato realmente che da invasato.”

SALTO NEL BUIO

Quella che vi sottoponiamo è un’indagine in corso, pezzetti di un puzzle.

In modo schematico affrontiamo le nostre ispirazioni riguardo al Soggetto, Il Corpo, il Movimento, lo Spazio, l’Immagine e il successivo Salto nel buio.

A) Soggetto.

Pistis Sophia e l’Arrogante

Questa figura rappresenta il devoto, l’iniziato, l’adepto, e quindi tutta la promanazione eonica della creazione, all’interno della quale l’anima umana, caduta dal tredicesimo eone al caos della materia, trova l’opportunità per risalire e tornare al Dio ineffabile. Tutta la vicenda del Pistis Sophia altro non è che la rappresentazione della vicenda umana: dalla creazione alla salvezza, passando per la caduta. rappresenta il percorso dell’anima, emanazione del Padre, smarrita nell’imperfezione della materia, che cerca disperatamente la via del ritorno all’Origine. Ci preoccupa soprattutto la strada del ritorno, in quanto esprime la nostalgia del Padre e della perfezione.

Nel testo gnostico si elencano 32 desideri carnali da superare prima che sia possibile la salvezza; proprio il superarli costituisce la salvezza.

Ci chiediamo: Quali sono questi 32 desideri, li abbiamo?

(Vedi “Via pulchritudinis” la via della bellezza)

Quali gli infiniti modi di chiamare Dio?

B) Corpo Umano

Ci sono due aspetti principali nei quali la fede differisce dalla speranza. Il primo è che la speranza si proietta verso il futuro, ma la fede si stabilisce nel presente. La speranza è un atteggiamento di aspettativa relativo a quello che ancora non è accaduto, ma la fede è una certezza, una fiducia ferma, qualcosa di reale e definito dentro di noi, che possediamo QUI’ e ORA.

La seconda differenza tra la fede e la speranza è che la speranza è una facoltà della mente, mentre la fede è una facoltà del cuore.

Possiamo pensare di collocare la fede nella parte sinistra del nostro corpo, attenzione il ritmo del battito cardiaco, sondare tecniche di respirazione per aumentare o diminuire il battito cardiaco.

(Cuore / Amore/ Bellezza)

Altra ispirazione sullo sguardo ci viene da Règis Debray

Régis Debray . Secondo l’autore, l’icona bizantina rigetta la profondità perché è corpo, volume, ombra, ma una terza dimensione è tuttavia risparmiata: “la distanza che attraversano i raggi portatori di energia divina per raggiungere il fedele. Le linee di fuga vanno verso l’occhio dello spettatore [convergono nel suo occhio anziché nel punto di fuga]” (Vita e morte dell’immagine. Una storia dello sguardo in Occidente, Editrice Il Castoro, Milano 2001, pp.190-191). Attraverso la prospettiva rovesciata Dio guarda l’uomo illuminandolo con i suoi raggi visivi e luminosi e l’uomo contempla abbassando lo sguardo per riceverli. La contemplazione di Dio attraverso le icone, secondo Debray, non sarebbe dunque la produzione ma la ricezione di uno sguardo che illumina il fedele.

C) Movimento

Oltre a sondare Salto e caduta come sospensione, mancanza di terreno e soglia del possibile.

Aristotele in “Del Cielo” parla del moto circolare dei celi e suddivisione in cerchi del mondo ultraterreno. Ci suggerisce una cosa ovvia ma interessante. Tutti i corpi e le grandezze naturali sono per se stessi mobili secondo il luogo. Circolare è il movimento intorno al centro, rettilineo quello verso l’alto e il basso.  Come si può intendere uno spazio curvo?

Ne La prospettiva rovesciata Florenskij applicò le teorie dello spazio non euclideo all’analisi della pittura di icone, dove gli oggetti e gli edifici, in alcuni casi anche i volti e i corpi umani, sono visti da più lati simultaneamente, sostenendo che “in quelle fasi storiche della creatività artistica in cui non si osserva l’utilizzo della prospettiva, i creatori delle arti figurative non è che non sapevano, ma non volevano utilizzarla o, più precisamente, volevano utilizzare un principio figurativo diverso da quello della prospettiva.

“tra i dipinti antichi conservati nessuno rivela l’esistenza di un punto di fuga unico” (Erwin Panofsky, La prospettiva come forma simbolica, Feltrinelli, Milano 1993, p. 47).

Afferma che la prospettiva “focalizzata”, nota nella Grecia del V secolo a.C., è solo “uno dei possibili schemi di raffigurazione, che corrisponde non alla percezione del mondo nel suo insieme, ma semplicemente a una delle possibili interpretazioni del mondo” (p. 20). Attribuisce alla prospettiva, sia essa “monocentrica” o “policentrica”, una funzione simbolica.

“La quarta coordinata – il tempo – era per me […] viva […] Ero abituato a vedere le radici delle cose. Tale abitudine visiva fecondò poi l’intero mio pensiero e ne determinò il tratto fondamentale: la tendenza a muoversi in verticale e lo scarso interesse per l’orizzontale”

Da qui la curiosità di come si possa intendere una caduta in verticale. Sarà forse rovesciata?

D) Spazio

Lo Spazio Liturgico – Spazio sacro o intenzionale.

lo spazio liturgico è un luogo “in-formato”, nel senso aristotelico e scolastico del termine, dalla tradizione e dalla memoria collettiva. Lo spazio liturgico parla. Esso parla in quanto spazio cristiano attraverso gli oggetti e gli attori che, interagendo, lo compongono, manifestando così metaforicamente il mistero di Cristo e metonimicamente la comunione ecclesiale nel tempo e nello spazio. Parla come “matrice” iniziatica, attraverso la quale ciascuno raggiunge la sua identità di cristiano; parla come sito illocutorio che, per la sua pregnanza simbolica, in-forma sia l’emissione che la ricezione del messaggio cristiano che è trasmesso; parla come spazio transizionale, che permette di negoziare la giusta distanza con il Dio nascosto.

Il silenzio dell’architettura è propedeutico all’evidenza dell’assemblea. La nudità stessa dello spazio architettonico per la liturgia come simbolo e via per un recupero della purezza. Simbolico anche il ricorso all’onesta e naturale espressività dei materiali, traccia di un’istanza veritativa che non ha solo un rilievo morale ma, evidentemente, anche metafisico. Il Tempio è costruito sulle proporzioni del corpo umano, il Tempio è contemporaneamente l’Universo in miniatura.

Agorà e Foro

E) Immagine

Dall’ icona bizantina, passando per il Dittico, il trittico riflessione sugli spazi che incorniciano le immagini sacre, immagini in dialogo o in opposizione.  L’assenza di limiti della dimensione nell’ immagine digitale ( Bill Viola).

“Iconologia” di Cesare Ripa ; vedere la simbologia tra Fede e Fedeltà.

F) Salto nel Buio

Partiamo da alcune citazioni:

Cebète, gli uomini «temono che, nell’atto medesimo in cui ella si distacca dal corpo e ne esce, subito come soffio o fumo si dissipi e voli via».

( il più grande salto, l’ignoto/ la morte)

Kafka devo chiarirmi a riguardo delle cose ultime.

Kafka afferma che l’”impazienza”, cioè “curiositas” l’ aspirare impaziente, è il nostro “peccato capitale” e che essa ha causato la cacciata dall’Eden.

Qui, l’impazienza e la volontà di disporre di qualcosa sono strettamente connesse. L Indistruttibile non si può pensare come qualcosa di disponibile. Si può intravedere la negazione kafkiana del legame che Goethe riconosceva nel potere salvifico dell’aspirare:

“Chi si affatica in un aspirare perenne, / costui lo possiamo salvare”.

KafKa “Una fede come una mannaia, così pesante, così leggera”

viene spontaneo domandarsi che cosa abbiano in comune la fede e la ghigliottina.

Da qui un nostro innato grande fascino per le macchine e gli ingegni costruiti dall’uomo.

Collegamenti successivi:

– Erasmo da Rotterdam “ Elogio della Follia”

– Icaromenippo di Luciano Di Samosata “contemplare dalla luna il subbuglio infinito degli uomini”

–  Tommaso il Moro – Utopia ovvero aspetto politico, sociale, religioso che non trova riscontro nella realtà, ma che viene proposto come ideale.Meta inattesa puramente teorica e irraggiungibile.

“ Una cartina del mondo che non contempla Utopia non è degna neppure di uno sguardo, perché tralascia il paese nel quale nel quale l’umanità continua ad approdare. E quando vi approda, l’umanità si guarda intorno, vede un mondo migliore e issa altre vele.”

– Van Gogh il suicidato della società di Artoud

– Chiaroveggenza e Cecità in alcuni personaggi come:

Galileo Galilei (“sul candore della luna”) dove la luna è vista come il grande occhio che tutto vede ; Tiresia; Prometeo.

Questo forse non c’entra ma è un esempio

Marc Augé – Football. Il Calcio come fenomeno religioso.

«Per la prima volta nella storia dell’umanità, a intervalli regolari e a orari fissi, milioni di individui si sistemano davanti al loro televisore domestico per assistere e, nel senso pieno del termine, partecipare alla celebrazione dello stesso rituale». Un rito celebrato da ventitré officianti e qualche comparsa davanti a una folla di fedeli che raggiunge talvolta le decine di migliaia di individui ai quali si sommano, davanti agli apparecchi televisivi, milioni di «praticanti a domicilio». Il football, il più popolare tra gli sport di massa, è al tempo stesso pratica e spettacolo, fenomeno sociale che si prolunga nella tensione mai risolta tra professionismo e pratica amatoriale e occasione di riflessione sull’etica del gioco e sulla lealtà tra avversari. Il calcio, spiega l’antropologo Marc Augé, funziona come un fenomeno religioso in cui numerosi individui provano gli stessi sentimenti e li esprimono attraverso il ritmo e il canto. Gli stadi diventano così luoghi di senso, di controsenso e di non senso, simboli di speranza, di errore o di orrore, in cui si compiono ancora i grandi rituali moderni.

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