Cassetti

 

Ti ho sognata in un altro posto, con il suo corpo, ma la mente senza ricordi, non sapevi chi fossi. Per te sarà stata un’andata tornare ma per me era diverso, dopo un po’ ho capito che tutto ciò che eri non ci sarebbe più stato. Piano piano la storia cambiava, il finale si trasformava, ti lasciavo andare, non ti volevo, fino ad odiarti. Poi ho smesso, nessun sogno oltreoceano mi disturba più la notte, ho fatto una scelta e da quel momento quella bambina non l’ho più vista.
È stata una liberazione, in principio.
Anche i principi finiscono per divenire finali, così è diventato tutto più grigio, più povero, più triste. Un processo sarcastico, giorno dopo giorno, per anni. E pensare che quella bambina ero io, sembravi tu, era uguale a te, non lo avevo compreso. L’unica cosa che voleva era solo piangere, disperarsi, era sola, è rimasta sotterrata così in profondità che un giorno anziché continuare a piangere accucciata nel buio si è messa a grattare le pareti in tutte le direzioni fino a vedere di nuovo la luce.

È stata una sorpresa per lei, vedere quelle mani che erano diventate grandi, vedere quegli occhi che non sapevano più perché si spalancavano la mattina, e ha iniziato a combattere una battaglia che io ritenevo persa. Notte dopo notte, panico dopo panico, ha visto cosa voleva significare sentirsi soli da grandi. È cresciuta in pochissimo tempo quella bambina, ha voluto rivivere gli amori adolescenziali, ha voluto aprire un po’ di cassetti, svuotarli, pulirli per fare spazio ai miei sogni.
Ho creduto nei mondi paralleli, cassetti vuoti di poesia, stelle invisibili per l’eternità terrena. Spirali separate da forze a noi sconosciute; ti credevo lontana, irraggiungibile, rassegnata a questo pensiero, ho indurito la mia indole, spazientita dai sentimenti, non comprendevo i fallimenti emozionali degli altri, le loro menti non risalivano l’altissima onda, questa le respingeva e si sfracellavano al mio gioire crudele. Mi sentivo un Dio della guerra, inarrestabile e immortale al dolore, creatore di un guscio di forza sorda, inscalfibile. Poi, un cassetto ha ceduto, si è aperto, è rimasto incastrato come da un cucchiaio messo male per molto tempo.
Ci sono volute le mani di quella bambina, che con pazienza, con quelle dita affusolate, quel grattare continuo mi creava sobbalzi nel petto, vuoti di stomaco, visioni grigie nel cuore della notte…Non potrà diventare un tutt’uno con me, ma è la mia migliore amica, quella che non se ne andrà mai, quella che trema con me dalla paura di dover volare… ma lo fa lo stesso. Io alla fine non le ho insegnato niente, è lei che mi ha insegnato a fare a meno della finzione, dei sorrisi di comodo, dei silenzi imposti da far ribollire il sangue. È lei che ha voluto provare un paio di cose che ritenevo vietate secondo i sensi logici di qualcun altro.
Anni senza ascoltare la voce più importante, anni senza voler sentire quella risata nella memoria.
Io sono lei e lei è me, solo che non lo sapevo, sembravi solo tu in principio, era uguale a te, non lo avevo capito, ma ha la tua forza.